venerdì 3 giugno 2011

LIBRI - TEATRO / Trilogia degli occhiali





















La vita marginale e trasognata
di Iole Natoli

Un piccolo gioiello, tanto che se qualcuno avesse per sua limitatezza qualche dubbio sulla scrittura teatrale di Emma Dante, questo prezioso testo tripartito basterebbe a sciogliere ogni perplessità.
Non c’è trama in queste tre piccole storie - o non storie, come preferisce intenderle l’autrice - come, forse, non ve n'è nella vita; c’è l’esporre situazioni diverse, in cui il voluto s’intreccia col subito e il desiderio sboccia e s'infrange contro il volere contrario degli altri, o sulla pura fatalità della morte, generando rivoli e dispersioni, frantumazioni che hanno una sola radice: la matrice originaria perduta.
Per il marinaio di Acquasanta l’alter ego, il filo conduttore, è l’amore assoluto per il mare, che travalica ogni ragionevolezza, sicché cambiare di propria iniziativa la rotta, col forte rischio d’infrangere sugli scogli la nave, è irrilevante, perché questa è sentita  come invincibile e resistente agli urti e il mare come elemento onnipresente, avvolgente e amico, da cui non sembra necessario salvarsi.
Per Nicola è Il castello della Zisa, un teatro dei sogni nel quale anche le azioni socialmente poco apprezzabili trovano una buona spiegazione, perché sono i diavoli a provocarle.
Per la vecchina di Ballarini è il ricordo lungo quanto la vita, un baule della memoria da cui estrarre le figure mancanti, il marito ormai assente e la propria giovinezza perduta.
La realtà è altra e demoralizzante: una rappresentazione del vissuto e dell’inutile attesa per il marinaio; una casa di cura per Nicola; la solitudine disperante e totale per la piccola e vecchia ballerina.
L’attraversamento è la cifra costante della scrittura creativa di Emma Dante. Perché il tempo che di continuo fluisce è nel dettaglio, in quella manciata di briciole lanciate quotidianamente dal dispiegarsi a volte crudele del vivere; perché tutto è gesto, voce, suono, pianto, riso, fremito, volo, caduta, barlume di saggezza e di follia. Perché la vita possiamo solo viverla e osservarla: con gli occhiali, per un qualche bisogno di nitore o di conforme osservanza delle regole, senza per cogliere la vaghezza dell’infinito. Ma avere la pretesa di dirigerla, d’imporle un nesso costante e volontario, di darle uno sviluppo preordinato è impresa iscritta già nel fallimento. La vita scorre e diviene, non si ferma, non si modella sulle aspettative profonde. Possiamo solo aprire all’occorrenza il nostro personale baule ed estrarre i nostri fantasmi più cari, per ritrovare, nella magia di un momento, la loro cara e illusoria compagnia.

Milano, 2011                                                                                                                           © Iole Natoli
Sul teatro di Emma Dante, in questo blog, recensioni di: La scimia, Carnezzeria, Cani di bancata.














































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