domenica 25 novembre 2012

TEATRO / TROIANE di Euripide


Da Mercoledì 21 Novembre a  Domenica 2 Dicembre 2012 - TEATRO CARCANO di Milano




TROIANE
di EURIPIDE
Regia di Marco Bernardi
Con Patrizia Milani, Corrado D’Elia, Sara Bertelà, Carlo Simoni, Gaia Insenga, Valentina Bardi, Valentina Capone,
Riccardo Zini, Valentina Morini, Karoline Comarella


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La dignità delle popolazioni vinte, in un dramma incredibilmente attuale
di Iole Natoli

Sul palcoscenico cumuli di detriti e rovine, che testimoniano di costruzioni sventrate e ci riportano agli scenari di guerra, con cui entriamo quotidianamente in contatto mediante i siti web e la Tv; ma a collocare la tragedia di Euripide nel tempo che per stesura le compete pensano i numi Poseidone ed Atena, simili a statue che reggono un frontone, qui coalizzati nell’intento d’infliggere la meritata punizione ai Greci, rei di aver profanato un luogo sacro con la cattura e lo stupro di Cassandra.
Accettando la richiesta irata di Atena, alla quale era dedicato l’altare, Poisedone sconvolgerà il mare Egeo; scatenerà una tempesta, promette, che renderà terribilmente lungo e sofferto il viaggio di ritorno degli Achei. Per conto suo, la cerebrale figlia di Zeus attingerà alle risorse paterne, squarciando i cieli con fulmini e saette.
Situiamo così l’opera tragica, alla quale ci accingiamo ad assistere, nella terra lontana del mito pervenutoci con l’Iliade e l’Odissea, popolate da più o meno invincibili eroi e dai passionali dei dell’Olimpo, per nulla estranei alle vicende di Troia.
I sacri accordi di cui abbiamo avuto notizia riguarderanno il tempo a venire che incombe. Al momento solamente Cassandra, in uno stato di preveggente delirio che le deforma in arco isterico il corpo, come alle ottocentesche dementi di Charcot, vede scorrere davanti al suo sguardo il futuro. Siamo ancora sul suolo di Troia, nelle fasi finali della guerra, poco prima che la città sia incendiata.
Tra le macerie della guerra, una tenda. All’esterno, distesa in terra, c’è Ecuba, una toccante eppur fiera Patrizia Milani, sposa in seconde nozze del re Priamo, che piange sulle disgrazie avute in sorte: la distruzione della sua cara Patria, la morte del marito e dei suoi figli, la sicura destinazione spregevole riservata dai Greci a lei e alle figlie, come a tutte le donne dei vinti.
Nella tenda, anche le altre prigioniere troiane, accomunate dalla prossima identità livellante di schiave, sanno che saranno assegnate ai guerrieri per sorteggio. Al sopraggiungere dell’araldo Taltibio, l’angoscia dell’attesa è soppiantata dalla certezza di dover essere separate. Ciascuna ha avuto una destinazione diversa, chi per sorteggio, chi per scelta dei capi. Di Cassandra, la veggente sacerdotessa di Apollo, si è invaghito pazzamente Agamennone, che intende farne la sua concubina. Andromaca, vedova di Ettore e madre del piccolo Astianatte, è stata scelta invece da Pirro, detto Neottòlemo, figlio del defunto Achille sulla cui tomba è stata immolata Polissèna, la più giovane delle figlie di Ecuba. La regina è toccata a Odisseo: nella sua infame condizione di schiava, dovrà seguirlo nel suo ritorno a Itaca.
In rispondenza alle indicazioni del testo, il messaggero dei Greci, Taltibio, è abitualmente rappresentato come un vincitore dall’animo compassionevole, specie in rapporto al destino di Astianatte, il bambino di Andromaca ed Ettore, che verrà buttato giù da una torre.
Nello spettacolo diretto da Marco Bernardi è invece un crudelissimo angelo della morte, come lo definisce il suo interprete, lo straordinario Corrado D’Elia; è un individuo che gode dell’esercizio del potere e dell’amara impotenza delle vittime, mescolando il perverso godimento a una sorta di disonorante ironia.
Orribilmente ci ricorda il riso delle feroci guardie di Abu Ghraib, pur non facendovi riferimento esplicito. Indossa la tuta mimetica di un soldato moderno e brandisce una moderna videocamera, con la quale si diverte a riprendere la disperata reazione delle vittime. Le sue risate ci portano alla mente gli sghignazzi immortalati da recenti foto di Gaza, in cui vediamo combattenti in motocicletta trascinare allegramente per via il cadavere di un palestinese “traditore”, esattamente come nella narrazione omerica Achille trascinava a Troia, legato al carro, il corpo senza vita di Ettore. Uno di loro ha in mano una macchina fotografica, per registrare l’azione di vendetta.
Ma torniamo a questo allestimento di Troiane. Sui fondali scorrono immagini di guerra e di fame, di ferocia, di desolazione, di morte.
Il regista Bernardi, che è anche direttore artistico dello Stabile di Bolzano, definisce questa tragedia di Euripide “il primo testo pacifista della storia occidentale”. Euripide, dichiara, fa una denuncia dell’insensata brutalità di ogni guerra, della sua intrinseca disumanità fuorviante.
Ma non è solo contro una generica guerra che si era espresso nelle Troiane l’autore. Nel corso della guerra del Peloponneso (431 - 404 a.C.), Atene aveva “invitato” l’isola di Milo, una colonia spartana che aveva dichiarato la propria neutralità fin dall’inizio, ad aderire alla lega delio-attica piegandosi alla dominazione ateniese. Non avendo ottenuto quanto chiesto e volendo tenere alto il prestigio per garantirsi una posizione di forza, Atene aveva assediato l’isola, per poi distruggerla sterminando la popolazione maschile e vendendo donne e bambini come schiavi. Di lì a pochi mesi, il drammaturgo metteva in scena ad Atene la sua tragedia sull’efferata distruzione di Troia, obbligando gli artefici della strage di Milo a contemplarsi riflessi in uno specchio.
Coerente con lo spirito dell’opera appare dunque l’apporto delle immagini, che come le news della CNN e di Al Jazeera, nota ancora il regista Bernardi, si affacciano prepotenti dai fondali e inseriscono nella contemporaneità di altre guerre l’evento mitico della guerra di Troia.

Carlo Simoni e Valentina Capone sono gli dei punitori degli Achei; Gaia Insenga è la violata Cassandra, che anticipa l’immortalità della storia di Troia; Sara Bertelà dà voce e corpo all’infelice Andromaca, sposa di Ettore e madre di Astianatte; Riccardo Zini interpreta l’evidente oscillare tra offesa e amore di Menelao per Elena; Valentina Bardi è qui nei panni di un’astutissima Elena, che irrompe in scena come una bionda bambola sexy - un mix di Marilyn Monroe, Jayne Mansfield e Diana Dors - e  i cui occhiali da sole sul bel volto alleviano la tensione drammatica in platea; Valentina Morini e Karoline Comarella, quasi sempre presenti accanto a Ecuba, reggono entrambe la funzione del coro.
Traduzione di Caterina Barone, scene di Gisbert Jaekel, costumi di Roberto Banci,
suoni e immagini di Franco Maurina, luci di Lorenzo Carlucci. Spettacolo prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano.

Milano, Novembre 25.11.2012

© Iole Natoli

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