domenica 12 marzo 2017

Laura Capon moglie di Enrico Fermi - Convivere con la ricerca sull'atomica


LA SOFFOCANTE ARIDITÀ DEL SILENZIO
di Iole Natoli  



Los Alamos. Un luogo che viene chiamato così solo da quella nuova colonia che lo abita. Se lo si cerca su una carta geografica è assente. Con quel nome di fatto non esiste. Dagli esperti viene chiamato “Sito Y” e gli esperti sono militari statunitensi.
Questo è ciò che vivono Enrico Fermi e la moglie Laura Capon da quando sono finiti insieme ad altri scienziati e alle loro famiglie in quel luogo. Lo vivono certamente pure i figli, ma sono ancora troppo piccoli per capire di che cosa si tratti. Non lo capisce bene neanche la loro madre, che pure ha seguito il marito nel lavoro abbandonando i suoi studi come molte donne del tempo. Non lo capisce perché Fermi e gli altri scienziati che lavorano al Progetto Manhattan rispettano con rigore una consegna: non parlare di quel che si sta facendo con nessuno, neanche con i parenti più stretti.
Il luogo è inospitale. La sabbia del deserto arriva in casa e si impiegano i lavori domestici a disfarsene. Non c’è telefono e non si hanno notizie dall’esterno. Se si scrive tutto è passato al setaccio dalla censura che vigila su qualsiasi possibile infrazione.
Il tempo passa tra incombenze noiose e chiacchiericci poco gratificanti fra le donne. Chiuse anche le loro menti in quello spazio, si parla solo delle particolarità dei bambini, delle presunte unicità di ogni cosa, perfino delle proprie malattie sempre più serie di quelle delle altre. Non resta molto tranne che per una di loro, una moglie poco conforme al cliché, che dipinge e che parla liberamente, cosa che alle autorità cento orecchie piace poco. Questa donna improvvisamente scompare. Si è annoiata e ha lasciato il marito, chiosano pronte ad archiviare l’evento le più docili. Non sarà invece fatta scomparire perché era giunta a sapere troppo sul segreto? È una domanda che tormenterà a lungo Laura.
Ma perché mai è finita a Los Alamos la famiglia di Enrico Fermi?
La storia di Laura e di Enrico comincia con un incontro in casa di amici che porterà al loro matrimonio avvenuto nel 1928. Siamo in periodo fascista. Enrico è uno stimato professore universitario, uno scienziato di fama internazionale che nel 1929 è nominato da Mussolini membro della Reale Accademia di Italia e che si iscrive al partito fascista. Nel gennaio del 1937 presenta una proposta articolata per la costituzione di un Istituto di radioattività nazionale, che però verrà respinta nel 1938, mentre le possibilità di lavoro negli USA si delineano come più promettenti e le leggi razziali in Italia pongono a rischio l’intera famiglia perché Laura Capon, moglie di Enrico e madre dei suoi figli, è ebrea. Così quando gli viene conferito a Stoccolma il Nobel per la fisica, Enrico Fermi coglierà l’occasione per trasferirsi direttamente dalla Svezia negli USA. Una fuga difensiva, di cui solo gli amici più intimi erano stati posti a conoscenza.
Dopo la docenza alla Columbia University, Los Alamos. E lì la resistenza di Laura è messa giorno dopo giorno a dura prova. Quel silenzio che nasconde un segreto è un rovello a cui non si sfugge.
Fermi morirà nel 1954, falciato dalla radioattività assorbita nel corso delle sue ricerche.
Scrive Arturo Motti in un suo articolo, come Nella Fermi riferisse che il padre fosse convinto che la bomba avesse solo un fine dissuasivo e che dunque l'esplosione sarebbe avvenuta in un’isola deserta. In una terra ancora più deserta di Los Alamos.
Rimasta vedova, Laura Capon si dedicò alla scrittura divenendo una fervente pacifista. Di lei rimangono Atomi in famiglia, La mia vita con Enrico Fermi e altre opere.
Uno spaccato di vita interessante, una recitazione molto intensa, una regia accurata e sicura.

12.03.2017

© Iole Natoli  
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