mercoledì 18 maggio 2011

SOCIETÀ / Sul caso Assange






...«in ogni altro Paese occidentale le dichiarazioni
di assenza di violenza e di paura
«avrebbero fermato le accuse di stupro
ma ciò non accade in Svezia»
Perché?

Sul caso Assange
La misura civile della Svezia
di Iole Natoli

L’indomito “Robin Hood” - com’è stato definito da altri - mi è simpatico. Niente da fare, è questione di pelle. L'unica cosa su cui discordo è lo stupro, o meglio quanto intorno al supposto stupro ha dichiarato uno dei legali di Assange, James D. Caitlin.
Si è scritto su questo tema in questi giorni che di rapporti consensuali si è trattato e che l’aspetto di consensualità dei rapporti sarebbe stato confermato dalle sue accusatrici. "Niente violenza, nessuna
paura". Perfetto. Pare però che, per il sistema giudiziario svedese, "un rapporto sessuale consensuale iniziato con l'intenzione di mettere il preservativo, svoltosi con l'uso del preservativo, ma terminato senza, si configura come stupro", cosa che fa affermare al difensore che «in ogni altro Paese occidentale» le dichiarazioni di assenza di violenza e di paura «avrebbero fermato le accuse di stupro, ma ciò non accade in Svezia, che ora rischia di rovinare la propria reputazione di modello di modernità». 
Bene. Premetto che le modalità in base alle quali le due donne decidono solo dopo essersi casualmente confidate l'una con l'altra di denunciare per stupro Julian Assange lasciano adito a ben più di un sospetto. Che una donna ci ripensi dopo tempo, perché sconvolta inizialmente da un atto consumato in un clima di violenza e paura, è assolutamente comprensibile, perché il trauma non lo si comanda a bacchetta. Che in assenza di violenza e paura due donne decidano d’intervenire solo dopo le confidenze reciproche e quando mezzo mondo vuole la testa di Assange, apre il campo a tutte le ipotesi possibili, tra cui quella di un complotto di altro tipo (cioè politico), della voglia di notorietà assicurata, di un'eventuale vendetta di ciascuna per aver scoperto di non essere l'unica donna con cui Assange si sarebbe in quel periodo accompagnato... insomma, chi più ne ha più ne metta.
Su una cosa però non sono d'accordo: sul fatto che "un rapporto sessuale consensuale iniziato con l'intenzione di mettere il preservativo, svoltosi con l'uso del preservativo, ma terminato senza" non possa configurarsi come stupro. Se la donna non era al corrente del fatto che successivamente il preservativo sarebbe stato assente sì, lo è. Perché un rapporto non protetto, per quanto gradevolissimo possa eventualmente essere stato, ha esposto la x donna che non ne era consapevole al rischio di contrarre l'AIDS (che magari Assange non avrà), o a quello di restare incinta se si fosse trovata in un momento propizio di un periodo fertile, con la conseguenza di doversi poi cuccare un pupo imprevisto o di dover ricorrere a un aborto, imprevisto anche quello. E ciò, con il beneplacito o meno di James D. Caitlin, uno dei legali di Assange, è a mio avviso un solido equivalente di uno stupro.
Resta ovviamente da accertare che le cose siano andate proprio così e su questo - l'ho già premesso - ho molti dubbi. Non posso non rilevare, tuttavia, che la civilissima Svezia ci dà decisamente dei punti su molte cose. In primo luogo sul considerare la donna una persona detentrice di diritti, fra i quali ne figura anche uno, il diritto alla propria sicurezza, non contemplato dai paesi occidentali retrogradi, tra i quali trovasi, a pieno merito, il nostro.
          
© Iole Natoli




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