sabato 15 marzo 2014

Lidia Ravera / La relazione che ha la meglio sul tempo


Dal 26 Febbraio al 16 Marzo 2014  -  Al Teatro Carcano di Milano
Nuda Proprietà
di Lidia Ravera
Regia di Emanuela Giordano - Con Lella Costa e Paolo Calabresi
 
Foto di Marina Alessi

Finché la vita ci consente di amare
di Iole Natoli

Se la trasposizione teatrale del suo romanzo Piangi pure è suggerita a Lidia Ravera dall’amica regista Emanuela Giordano, che aveva letto il testo non finito, l’individuazione dell’interprete ideale consegue invece alla partecipazione dell’autrice, in qualità di lettrice, alla recita genovese di Ferite a Morte di Serena Dandini.
Non appena si ritrova a contatto con la frizzante attrice milanese, scatta nella scrittrice luce e grido: “È LEI, eccola lì la mia Iris!”, dichiarerebbe senza mezzi termini in scena. Supponiamo che abbia voluto astenersene perché l’irrompere nella recita in corso avrebbe configurato una lesione del diritto e del lavoro dell’altra; ed infatti, se quel grido fosse stato reale, avrebbe generato certamente distrazione e confusione nel pubblico, del tutto ignaro dei suoi circuiti mentali. O forse lo ha pensato fuori scena, quando Lella era già uscita dal ruolo.
Ma chi era ed è mai questa Iris, che per Ravera si incarnava già in Lella Costa senza che questa ne avesse ancora il sospetto? È la protagonista di un romanzo che ha incontrato ampio favore di critica, un personaggio che incanterà a fondo l’attrice non appena avrà modo di conoscerlo.
I quattro attori, l’autrice e la regista si sottopongono alle domande di rito nel corso della conferenza stampa presso il Carcano.
«Lei dunque si identifica con Iris?», è la domanda di una giornalista presente.
Costa nega e spiega che per qualsiasi interprete è un bene non assomigliare al personaggio, perché se difettasse la distanza verrebbe meno l’interpretazione attoriale, per lasciar posto a una replica di sé. E tuttavia, vedendo Iris in campo, si percepisce quella linfa comune che fonda l’intuizione di Ravera; l’effervescenza unita alla delicatezza del sentire, la capacità di dire quel che si pensa sfidando la consuetudine corrente sono dati strutturali di entrambe.
Lella Costa ovviamente non è Iris, ma può certo sentirsi in sintonia più che se la protagonista della pièce fosse una donna inquadrata negli schemi. Il personaggio è dotato di autoironia, sa fare il punto della decadenza fisica (nel romanzo ha 79 anni, nella commedia ne conta 68) senza lasciarsene avvilire e sconfiggere e senza ingaggiare una lotta contro il tempo fatta di bisturi e di restauri imponenti. Si affida alle risorse praticabili, sale a piedi sei piani di scale, usa la corda per salti casalinghi, corteggia con destrezza le paure per aggirarle e non farsi sopraffare, sa trovare rilanci ed aperture. Iris gioca intelligentemente con sé, con l’altro, con tutte le situazioni contingenti e lo fa attraverso un uso spregiudicato del pensiero, che affascina per la sua genuinità chiunque la incontri.
Avendo badato poco a risparmiare, si trova in ristrettezze finanziarie. L’unica sua risorsa è l’appartamento in cui vive, così decide di utilizzare il suo bene vendendone la nuda proprietà. Da quel momento si sentirà presa in trappola, perché, pur ritenendo scarsamente saggio vivere meditando sulla morte, l’avere conseguito un pagamento che rappresenta l’unico cespite cui attingere nello scorrere degli anni le pone qualche problema matematico. Quanto mi spetta annualmente come massimo, dividendo la somma concordata per 10? E se vivo di più cosa succede? “Da ieri c’è un giovanotto di 36 anni che mi augura una sincope al minuto”, dice all’amico conosciuto tre anni prima al bar sotto casa, con cui da allora continua a incontrarsi per un Pernod, uno spritz o un caffè.
L’amico Carlo è per Iris un uomo che “vive ingabbiato nel tempo”. Ha uno studio di psicoanalisi al pian terreno dello stesso edificio dove lei è stata proprietaria dell’attico e “vende il suo pomeriggio in lotti di cinquanta minuti l’uno”.
Per Carlo la vivacissima Iris è un diversivo stimolante, per Iris il più giovane Carlo è un amico particolare, quello che si sarebbe potuto trasformare nel suo psicoterapeuta se lei avesse avuto la voglia - e la possibilità - “di tirar fuori i soldi per pagarlo”.
E invece Carlo diventerà per lei qualcos’altro, perché due accadimenti imprevisti modificheranno il prevedibile corso degli eventi: uno sfratto che obbliga l’uomo a lasciare il suo studio e la scoperta che una malattia già patita e che sembrava debellata da tempo si è invece estesa e sta andando al galoppo.
Carlo ha adesso un’aspettativa di vita minore di quella con cui Iris si era trovata fin lì a misurarsi e se lo sfratto porterà la donna a cedergli una stanza al piano attico, per trasferirvi la sua attività lavorativa, la malattia rivoluzionerà il loro rapporto, conducendoli a un ripensamento profondo del tempo che a ciascuno di loro rimane e della possibilità di dare un significato più intenso all’esistenza. Esperire sino in fondo la relazione, amarsi senza nessuna riserva, con intelligenza e allegria, finché sarà ancora possibile a entrambi.

  Con Claudia Gusmano e Marco Palvetti - Scene di  Francesco Ghisu - Musiche di Antonio Di Pofi.


Produzione La Contemporanea - Mismaonda. La commedia, che Lidia Ravera ha tratto dal suo romanzo “Piangi pure”(Bompiani, 2013) ha debuttato in prima nazionale il 16 gennaio al Teatro Masini di Faenza.

Milano, 15.03. 2014
­© Iole Natoli


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