mercoledì 12 marzo 2014

Müller / QUARTETT e il feroce saccheggio dell'anima


Dal 4 al 16 Febbraio 2014 al Teatro Grassi di Milano

Quartett
di Heiner Müller
da Le relazioni pericolose
di Choderlos de Laclos
Regia di Valter Malosti
Con
Laura Marinoni e Valter Malosti
 
Foto di Sara Magno

La solitudine che consegna alla morte
di Iole Natoli

Oltre che nella sua struttura originaria di romanzo settecentesco epistolare, «Les Liasons dangereuses» di Choderlos de Laclos è giunto a noi in versioni teatrali, televisive e filmiche, la più celebre delle quali è del 1988, per la regia di Stephen Frears e l’interpretazione di Glenn Glose, John Malkovich, Michelle Pfeiffer e Uma Thurman, presto seguita dal «Valmont» di Forman. Siamo dunque abituati a scene visive di notevole impatto, con interni decisamente sfarzosi ed esterni in gran parte suggestivi, ma soprattutto a diversi personaggi.
La versione teatrale di Heiner Müller, del 1982, riduce drasticamente l’abbondanza. La scena è scarna, il bunker in cui la rappresentazione si svolge - nota Malosti - confina volutamente all’esterno vita e storia, solo due i personaggi in carne e ossa, che si scambiano l’identità sessuale e anche le parti. Per  Müller, che è stato uomo di teatro, “L’arte affonda le sue radici nel sangue, e necessita di queste radici. L’adesione all’orrore, al terrore fa parte della descrizione dell’orrore e del terrore. È il caso de Le relazioni pericolose. Laclos si è sempre dichiarato un moralista intento a descrivere gli abissi dell’immoralità al fine di mettere l’umanità in guardia. L’atteggiamento moralistico è solo la posa di un autore fortemente interessato alle tenebre dell’anima. Il problema principale nella riscrittura di Quartett era come ideare una drammaturgia a partire da un romanzo epistolare. Alla fine la soluzione è venuta recitando: due personaggi ne interpretano quattro”.
 
Foto di Fabio Lovino
L’allestimento voluto da Malosti privilegia un ambiente “terminale”, come lo stato della donna su un letto, che insieme a qualche specifico strumento definisce un contesto sanitario, pur contraddetto dall’abbigliamento iniziale, esaltato da una vistosa parrucca; ma solo nella rievocazione soggettiva che spezza la barriera Spazio/Tempo l’epoca storica riceve il contrassegno dai costumi indossati dagli interpreti.
La riduzione dei personaggi fisici a due innesca un gioco con l’immagine propria e dell’altro, benché in termini di evocazione la Marchesa viva in un multiplo riflesso di specchi, dato che evoca il suo stesso evocare. Non solamente è anche Maria de Tourvel e Cécile, ma è Valmont che diviene Marchesa, in una giostra di continui rimandi che consente uno scavo più brutale.
La ferita iniziale dell’anima non è narrata, la si intuisce appena. Se in de Laclos è pensabile che la dissoluta e crudele Marchesa abbia anche amato in qualche modo il Visconte in un tempo irrimediabilmente lontano, qui l’ipotesi è appena accennata e dispersa nelle nebbie del nulla. C’è soltanto il dominio del sesso, la riduzione della vita altrui a cosa, a pedina di intrighi machiavellici. Qualsiasi amore è rinnegato con forza e lo sbocciare involontario in Valmont di un sentimento per Madame de Tourvel, che risulta presente nel romanzo, diventa in Quartett quasi inesistente.
La rabbia di Madame de Merteuil sembra più generata dall’inadeguatezza di questa stupida e goffa “rivale” rispetto al culto di raffinatezza sensuale nel quale invece ha forgiato se stessa, che non a una effettiva gelosia per una qualche sbandata del Visconte. In ogni caso, dal patto a due non si deroga per nessuna motivazione plausibile. A unirli è l’orgia della derisione perenne, il bisogno perverso di un potere con cui ciascuno colpisce anche l’altro ma che raggiunge la propria apoteosi nel cinico sacrificio di Cécile. La Marchesa la offre all’amante libertino, benché questi non nutra interesse per la giovane e, nella estrema versione di Heiner Müller, Valmont troverà il proprio appagamento nell’atto del tutto gratuito del sopprimerla. Solo la realizzazione del delitto, che ha già prefigurato mentalmente, provoca ancora nell’uomo un’emozione, solo la spietata uccisione della vittima costituisce per Valmont un diversivo a una lussuria che ha saccheggiato se stessa.
Laura Marinoni si conferma quale attrice suberba nel ruolo e Valter Malosti è un interprete radicalmente annoiato dalla vita e perfino dall’esperienza di morte. Una potente carrellata su un universo epocale disgregato, che mostra qualche punto di contatto col nostro.

Produzione della Fondazione del Teatro Stabile di Torino. Drammaturgia Agnese Grieco; scene Nicolas Bovey; suono e live electronics G.u.p. Alcaro; luci Francesco Dell’Elba; costumi Gianluca Falaschi; assistente alla regia Elena Serra. Foto Sara Magni


Tournée. Dal 21 gennaio al 2 febbraio a Torino, 
Teatro Carignano - Dal 4 al 16 Febbraio 2014, a Milano, Teatro Grassi - Dal 18 Febbraio al 2 marzo a Roma, 
Piccolo Eliseo - Dal 
5 al 6 marzo a Ginevra, Théâtre du Galpon - Dal 13 al 16 Marzo a Prato, 
Teatro Metastasio - Dal 18 al 19 marzo a Correggio, Teatro Asioli - Dal 20 al 21 marzo a Modena, Teatro Storchi - Dal 24 al 25 marzo a Monaco di Baviera, Residenztheater (Marstall) - Il 27 marzo a Cremona, Teatro Ponchielli - Il 28 marzo a Lecco, Teatro della Società.

Milano, 12 Marzo 2014

­© Iole Natoli

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