Dal 12 al 29 Maggio Teatro Tieffe - Milano ACIDO SOLFORICO da Amélie Nothomb Drammaturgia di Patricia Conti Regia di Alessandro Castellucci Con Giulio Baraldi, Sasà Bruna, Alessandro Castellucci
Enrica Chiurazzi, Patricia Conti, Ruggero Dondi Federica Fabiani, Valeria Perdonò, Cinzia Spanò Nicola Stravalaci, Debora Zuin
e gli allievi della Scuola di Teatro Macrò Maudit Produzione Tieffe Teatro e Macrò Maudit Spectacules |
|
- Works of art Urbansolid - |
|
Vint le moment où la souffrance des autres ne leur suffit plus; il leur en fallut le spectacle [Venne il momento in cui la sofferenza degli altri non fu più sufficiente per loro; ne diventò necessario lo spettacolo (trad. del red.)].
Il romanzo Acide sulfurique di Amélie Nothomb si apre con questa frase concisa e misteriosa, dalla tonalità quasi biblica, che lancia un nesso con un antecedente ignoto e scaglia subito il lettore nel mito. In un mito poco piacevole e allegro, in cui due termini abitualmente antitetici - sofferenza e spettacolo - evocano un terzo elemento ancora taciuto: la crudeltà. Fornita con questo abile gioco linguistico la chiave che renderà intelligibile il testo, l’autrice passa alla fase successiva, a quell’azione di rastrellamento che condurrà cittadini comuni ed ignari in campi analoghi ai famigerati lager nazisti, in cui saranno sottoposti a torture sino alla loro eliminazione finale. Prende inizio così il reality show, mediante il quale un’emittente televisiva, con programmi in calo di audience, conta di suscitare un boom di ascolti da un pubblico “sensibile” all’orrore e pronto anche ad uccidere in diretta. Questo nel libro, apparso in Francia nel 2005 e nel 2006 anche in Italia, con la traduzione di Monica Capuani per i tipi dell’editore Voland. Sulla scena, nella drammaturgia curata da Patricia Conti, l’apertura è segnata da una riunione di organizzatori di programmi in sfacelo, che non attraggono l’attenzione del pubblico e che pertanto saranno soppressi dai gestori dell’emittente televisiva. Lo spettro certo del licenziamento annunciato falcia le residue energie dei convenuti, finché uno di loro non avanza il progetto di un reality show del tutto inedito, con un recupero della memoria nazista e un ricorso veritiero e integrale a quei metodi abietti e disumani. Uno spettacolo che sfida il codice penale vigente e che dice già tutto nel titolo: Concentramento. La proposta viene accolta con gioia e si parte immediatamente con il casting. Tra i candidati spicca la giovane Zdena, una ragazza insoddisfatta e indurita da un andamento di vita mediocre, che ha accumulato astio sufficiente per farne ciò che serve: una kapò. Zdena avrà quale contraltare Pannonique, nota a lei e ai compagni di prigionia come CKZ 114. Bella, colta, sensibile, eroica e, soprattutto, imprendibile, Pannonique diverrà una sfida e un’ossessione per Zdena, tramutandosi, mediante una passione non corrisposta, nel grimaldello atto a schiudere la coscienza abbrutita dell’altra, che per amore scoprirà una dimensione di sé a lei sconosciuta, sino ad attingere alla genialità e all’eroismo. Considerato quasi unanimemente provocatorio, il testo di Amélie Nothomb ha suscitato larghi consensi ma anche qualche reazione infastidita. Utilizzare la triste vicenda nazista è apparso infatti a qualcuno atto in contrasto con il rispetto, da tutti dovuto, verso chi quell’immane tragedia ebbe a subire. Sicuramente la scelta della Nothomb turba gli animi e tuttavia c’è da domandarsi se il silenzio sia una scelta adeguata a quegli eventi, o se la loro iscrizione in una clima attuale (il dilagare dei reality show) non stia a negare l’episodicità di quei fatti e a denunciare come la loro matrice sia sempre attiva nella società umana. L’intera storia delineata dalla Nothomb ha tinte irreali. Non esiste, almeno sinora e per fortuna, una società cosiddetta evoluta in cui un’iniziativa criminale, come quella da lei descritta, possa procedere senza che alcuna autorità giudiziaria o politica intervenga. Dunque è una favola, una sorta di parabola, che mette in gioco la degradazione dell’anima e insieme l’ineffabilità della parola: il potere sublime della voce umana, che porterà Pannonique, liberata, a dedicarsi allo studio del violoncello. L’alienazione vinta dalla parola, dalla voce, dal suono, dalla musica. La drammatica vicenda reale di Alma Rosé ha radicato nella memoria collettiva qualcosa, che ritroviamo nel soggetto in esame. Il Teatro Tieffe di Milano ha impegnato generose risorse nel produrre uno spettacolo efficace, ben ambientato, recitato, diretto. Molti gli attori in scena, ben delineato ciascun personaggio, a cominciare dalla vulcanica Zdena, che con la sua fantastica trovata - che ci asteniamo qui dal rivelare - dà il titolo al romanzo e al dramma scenico. Liberamente tratto da Acide Sulfurique di Amélie Nothomb, lo spettacolo si avvale della drammaturgia di Patricia Conti e della regia di Alessandro Castellucci. In scena Giulio Baraldi, Sasà Bruna, Alessandro Castellucci, Enrica Chiurazzi, Patricia Conti, Ruggero Dondi, Federica Fabiani, Valeria Perdonò, Cinzia Spanò, Nicola Stravalaci, Debora Zuin e gli allievi della Scuola di Teatro Macrò Maudit. Voce registrata: Natale Ciravolo. Musiche originali: M° Fabio Vacchi. Progetto scenico di Guido Buganza. Luci di Mario Loprevite. Costumi: Arti di Scena. Works of art Urbansolid. Produzione Tieffe Teatro e Macrò Maudit Spectacules. |
Nessun commento:
Posta un commento