«Nel maggio del 1999
viene aperto a Pavia un nuovo processo sul caso Enrico Mattei», scrive Laura Curino.
«Prove schiaccianti dimostrano
che la tragedia di Bascapè in cui persero la vita Mattei, il pilota e un giornalista, considerata fino ad allora un incidente aereo, in realtà nasconde un triplice omicidio». |
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Foto di Giorgio Sottile
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La strana morte di Enrico Mattei
Una tragedia che sconvolse l’Italia di Iole Natoli
Come nasce la tua ricerca su Enrico Mattei, Laura?
Nel 2006 mi fu proposta dal Piccolo, in collaborazione con l’ENI, una serata-evento in occasione dell’anniversario della nascita di Mattei, primo seme del lavoro attuale. Da bambina nutrivo, oltre a quella di “fare gli altri”, due passioni: diventare giornalista, un lavoro imperniato sul ricercare e lo scrivere, oppure hostess, per il fascino che esercitava su di me il volo. Credo che il volo sia presente nel mio mestiere, in senso metaforico e reale, e che ci sia anche qualcosa di giornalistico nel mio attento scavare in questa storia.
No. Certamente fui attratta fin dall’inizio dall’uomo, dalla complessità del personaggio e dalla sua strana morte; ma l’interesse più produttivo e profondo si sviluppò abbastanza lentamente e in sordina. Vidi la trasmissione di Minoli e la registrai. Mi ritrovavo sempre a comprar libri, come se questa persona continuasse a bussare ai miei pensieri. Oramai quella serata era fatta e tuttavia quel che era stato all’epoca una cosa molto contenuta, un’oretta di lavoro per festeggiare Mattei - benché vi fosse un contenuto tutt’altro che festevole nella sua storia - continuava a girarmi per la testa. Capii che occorreva rivolgersi a un produttore intelligente, perché non è facile trovare un’organizzazione che abbia la sensibilità necessaria per accettare e produrre un lavoro del genere. Grazie alla disponibilità del Teatro stabile di Torino, ci fu possibile avviare il progetto. Insieme a Vacis, vi lavorai durante la tournée di Zio Vania: di sera lo spettacolo e di giorno scrivere.
C’è un qualche nesso tra il lavoro su Mattei e quelli su Camillo e Adriano Olivetti?
Più di uno direi. Intanto, il successo di quei lavori aveva risvegliato l’attenzione di molte aziende. Per me la fabbrica ha inevitabilmente un suo contenuto poetico: ho sempre pensato che ci fosse della poesia nell’intento di perfezione del far bene una cosa, che vi fosse un aspetto estetico ed etico, una responsabilità nei confronti del proprio lavoro e nei confronti delle ricadute delle proprie opere sul resto del mondo.
E questo aspetto si adattava a Mattei?
Sì, ma non solo a lui. Dopo Olivetti, sono stata fatta oggetto di richieste da parte di aziende e società, quasi ci fosse questo desiderio di cantare la fabbrica. Qualcuno ha pensato che la Olivetti mi avesse pagato per fare quegli spettacoli ma non è così. Innanzi tutto quando io ho fatto quel lavoro, non c’era più quell’Olivetti lì di cui io volevo cantare; in secondo luogo, la famiglia l’ho conosciuta diversi mesi dopo che è andato in prima lo spettacolo.
Ma le richieste di che tipo erano?
Beh, a parte quelle di taluni, animati solo dall’idea del marketing, me ne sono pervenute da titolari di aziende a base familiare, i cui figli non intendevano portare avanti l’attività. Le persone in questa situazione si ritrovano a dover affidare la loro azienda a chi non ne ha avuto la storia, non ne conosce lo spirito; tanti sono dunque venuti da me con l’idea di lasciare un patrimonio con un racconto. Da noi è inusuale, ma in Gran Bretagna le biografie sono diffusissime; si regala la storia della famiglia agli sposi, esistono aziende, scrittori, case editrici specializzate in questo settore. Per qualcuno ho accettato, per Illy ho fatto un lavoro che mi è molto piaciuto, per altri no. E torniamo alla serata per Mattei, la cui richiesta mi è pervenuta quattro anni fa, e a questo spettacolo interamente finanziato dal Teatro Stabile di Torino e, dunque, completamente autonomo.
Perché il personaggio di Celestina ha un peso così rilevante nel lavoro?
Abbiamo prima avuto l’idea d’un fou savant e poi Vacis ha proposto d’ispirarci a Celestina, che abbiamo conosciuta davvero, tanti anni fa, per cantare anche lei, per renderle omaggio, perché è stata una donna molto simpatica e provata da 25 anni di manicomio. Il suo personaggio mi consente di attraversare con un punto di vista preciso e parziale, anche arbitrario, la storia. Ci siamo posti la domanda: ma davanti a questo Celestina cosa direbbe? Lei direbbe quello che tutti dicono: che nessuno c’è mai cascato nella storia dell’incidente! Direbbe che Mattei è uno che ha rischiato, sapendolo bene, la vita. Gli ultimi mesi, erano tutti lì ad additare lui; si era fatto tanti nemici attorno che il gioco ormai era a chi arrivava a ucciderlo primo, a chi avrebbe avuto l’accesso più facilmente.
Non volevo ridurre lo spettacolo al “caso”, mi premeva che emergesse una dimensione umana molto forte. E questo emerge soprattutto nel rapporto di Celestina col corpo, coi resti di Enrico Mattei. Quando ho visto l’atto di polizia con l’elenco dei ritrovamenti a Bascapè, con l’enumerazione dei vari pezzi, mi è venuta in mente la meditazione sul corpo, una cosa che solo Celestina avrebbe potuto fare. Solo lei avrebbe potuto nominare, stare a guardare con amore anche dei pezzi, prendendo alla lettera pezzi di corpo come pezzi di storia di quest’uomo, pezzi di un calvario umano, con l’affetto tipico delle persone semplici, che possono fare anche le cose più assurde con dolcezza.
E a quali conclusioni ti porta la sua commossa e dolente partecipazione?
Credo fermamente che non si possa liquidare Mattei semplicemente dicendo che era un corruttore, trovo che si debba distinguere, sia perché la corruzione in Italia comincia ben prima di lui, sia perché c’è corruzione e corruzione. Nella visione di quest’uomo era primaria, ci dice Celestina, l’esigenza di andare veloci, perché l’Italia non poteva aspettare per risollevarsi. C’è molta differenza tra il ricorrere alla corruzione per intascarsi del denaro e ricorrervi nell’ambito di un grande progetto per tutti, per lo Stato, per un benessere comune. Ciò sicuramente non lo lava, è stato un corruttore e questo va riconosciuto, ma in lui ci sono state molte altre cose: la sua visione sui rapporti con il resto del mondo, con i paesi produttori di petrolio, ad esempio. Aveva una visione etica della funzione dello Stato, della fabbrica, e una grande fiducia nelle persone, soprattutto nei giovani. Non ho ambizioni giornalistiche su questo spettacolo, però un’ambizione o desiderio l’avrei: di riportare l’attenzione su una morte bianca. Enrico Mattei è un caduto sul lavoro.
Note biografiche.
Laura Curino, torinese, è tra i fondatori del Laboratorio Teatro Settimo.
Tra gli spettacoli di cui è autrice e/o attrice: Esercizi sulla tavola di Mendeleev, 1984; Elementi di struttura del Sentimento, 1985; Nel Tempo tra le guerre, 1988; Istinto Occidentale, 1988; Stabat Mater, 1989; La Storia di Romeo e Giulietta, 1990; Passione, monologo, 1992; Villeggiatura, smanie, avventure e ritorno, 1993; Canto per Torino, 1995; Canto delle Città, 1996; Olivetti, monologo, 1996; Adriano Olivetti, 1998; Cori, 1999; Geografie, 1999; Fenicie, 2000; Macbeth Concerto, 2001; L’età dell’oro, 2002; Il Pranzo di Babette, 2002; Una stanza tutta per me, 2004; Il sorriso di Daphne, 2005; La Magnifica Intrapresa, Galeas per Montes, 2007; Le Designer, pioniere di stile... 2008; Santa Barbera, La Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze con suggestioni dal ciclo di affreschi di Lorenzo Lotto, 2008; Viaggiatori di Pianura, Tre storie d’acqua, 2008.
Numerosi i premi per la recitazione e la drammaturgia. Varie pubblicazioni.
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venerdì 29 aprile 2011
INTERVISTA con Laura Curino
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