venerdì 13 maggio 2011

TEATRO / Cani di bancata




Dal 14 al 26 novembre 2006 Milano, Crt-Teatro dell'Arte
CANI DI BANCATA
Testo e regia di
Emma Dante


Foto di Giuseppe di Stefano
 

I nuovi figli di Mammasantissima Nel segno infame d'una Madre di sangue
di Antonia Pagano

Col suo nuovo lavoro teatrale, la drammaturga palermitana Emma Dante porta in scena la “Mammasantissima”, la Mafia, in modo chiaro, crudo, diretto. La Mafia si presenta come una cagna che dà il permesso ai nuovi figli d'entrare. Per entrare volenti o nolenti nel suo alveo, si partecipa a un rito d'iniziazione, che si apre con la recitazione della preghiera: “Nel nome del Padre, del Figlio, della Madre e dello Spirito Santo”. Grazie a questa preghiera o giuramento, si è ammessi nell'organizzazione con il sangue e se ne esce solo con il sangue.

Sceglie la maschera dell'uomo perbene
LA TRASPARENZA della nuova Mafia
di Iole Natoli

Al termine del percorso precedente dedicato alla violenza familiare, seguendo in modo affatto personale la via tracciata da Dostoevskij e da Sciascia, Emma Dante affronta in "Cani di bancata" il tema oscuro della Famiglia più grande, della madre di tutte le violenze, dell'organizzazione tentacolare per eccellenza: la Mafia. Lo fa utilizzando gli stessi stilemi, che distinguono la sua produzione anche quando non è l'autrice dei testi. Ma i temi sulla Sicilia sono suoi, suo è lo sguardo indagatore e possente, sua la resa arguta e mai pesante, benché l'argomento qui trattato lo sia.

La Mafia usa rendere manifesto il potere coi gesti e gli atteggiamenti più grotteschi. Nel gran banchetto della "Grande Famiglia" c'è posto per l'orrore e l'indicibile. Una volta che l'ingresso è avvenuto, i legami si fanno indissolubili e non c'è vita per chi si vuol sottrarre. Come afferma la stessa regista, è un rapporto di "appartenenza selvaggia, di mandria. Chi esce dalla mandria, muore”.
Il lavoro teatrale di Emma Dante si dipana nel rappresentare la ritualità mafiosa che, intessuta di sopraffazione e di sangue, si avvale anche di piccoli gesti, d'impercettibili cenni, di mimica. Gli attori in scena offrono una recitazione corale, serrata e asciutta, senza cedere a caricature di sorta. In un lavoro ben confezionato, l'unica nota forse dissonante giunge quasi a sorpresa nel finale, che ha un taglio vagamente didascalico.
Dopo la tappa milanese al CRT, 
"Cani di bancata” partirà per una tournée italiana.


Nel 2007 sarà rappresentato in alcune capitali europee. 







Testo e regia di Emma Dante

Scene: Emma Dante e Carmine Maringola
;
Costumi: Emma Dante
; Assistente alla regia: Elisa Di Liberato. 

Con: Manuela Lo Sicco, Antonio Puccia, Salvatore D'Onofrio, Sandro Maria Campagna, Carmine Maringola, Sabino Civilleri, Michele Riondino, Alessio Piazza, Fabrizio Lombardo, Ugo Giacomazzi, Stefano Miglio.
Una produzione Crt Centro di Ricerca per il Teatro
in collaborazione con Palermo Teatro Festival
Sua, nonostante la denuncia o forse proprio per il costo che implica, la Sicilia, che lei vede ora posta all'apice di un'Italia capovolta, in una carta geografica incombente che compare nel finale del dramma.
Apparentate dal colore scuro, un marrone simile al sangue rappreso, troviamo la Calabria e la Campania, lievemente più chiare appaiono la Puglia e la Sardegna, rosse, come un sangue ancora vitale, le rimanenti regioni italiane sulle quali si sta avventando la Mafia. Per dire meglio: nelle quali la Mafia si è infiltrata. 
La Mafia è donna, ha dichiarato in questo dramma Emma Dante, affidando a una donna dominatrice e crudele il ruolo primo di "Mammasantissima". E' lei che ordina, che fa e che disfa, che gioca sguaiatamente a umiliare chiunque si azzardi a contraddirla, che ha potere di vita e di morte, che impone gli andamenti e le modifiche, che tesse trame per i cambiamenti, atti a fornirle la veste più ambita, la più nuova, la più efficace di tutte: la trasparenza, l'invisibilità. Già, perché la nuova strategia è proprio questa: mettere via le armi e ongi altro emblema (le "coppole" sono sostituite da vezzosi cappelli femminili), ripulirsi per una nuova facciata, assumere lo statuto del brav'uomo, dell'individuo chiaramente perbene, mimetizzarsi nei luoghi del potere, per arrivare all'impudenza estrema di dichiarare la   propria inesistenza. E' un fantasma la Mafia, non esiste. Ma i suoi emissari sono allocati ovunque, nelle cliniche più attrezzate e famose, nella stampa, facilmente mendace, nelle cariche d'uno Stato allo sbaraglio, in ogni angolo di quest'Italia in pericolo.
 E se pur didascalica - nel senso datoci dal teatro brechtiano e dunque nobile -, la sequenza finale è sconvolgente. Ecco da un lato l'ometto pauroso, impiccato dopo un gioco al massacro per aver chiesto di uscire dalla Famiglia, da cui era stato, contro la sua volontà, reclutato per un grosso favore ricevuto; dall'altra i cani, distesi su un fianco, le schiene al pubblico, che si masturbano rumorosamente dinanzi all'eccitante mappa geografica, in un crescente orgasmo da potere. A conclusione, una scritta grondante, che sancisce il nuovo patto osceno e viene apposta da Mammasantissima sui dorsi ignudi dei cani di bancata.
 Sì, la Mafia è decisamente una donna, nel senso che è trattata come tale; non solamente perché genera sempre altri figli, ma perché in una raffigurazione familiare che presuppone un maschio e una femmina - in questo caso tanti maschi per una femmina - il richiamo alla Sacra Famiglia è costante, la mescolanza di Sacro e Profano è continua, l'abiura del sano patto di natura è   
costante, il segno femminile è dichiarato, per avallare il rosario dei Padrini che si sono succeduti nel tempo. Sino agli ultimi, quelli dal volto pulito e affidabile, che garantiscono all'organizzazione che avanza la trasparenza fisica cercata.

Milano, 2006

© Antonia Pagano
© Iole Natoli

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