Gente al macello in un gruppo familiare
di Iole Natoli
Una famiglia particolare, o i suoi resti. La storia inizia con l'ingresso di tre giovani in fila, che portano una sposa dal velo lunghissimo, distesa come fosse in una bara. Sul palcoscenico, i tre si disfano del pesante fardello che scaricano come un pacco su una sedia e iniziano ad addobbare la sala, dove sarà celebrato il matrimonio della sorella in gravidanza avanzata.
La donna è imbambolata, come automa cade ripetutamente per terra, poi rifiuta di restare da sola quando i tre, a lavoro ultim ato, mostrano l'intenzione di svignarsela.
Vuole seguirli, vuol rimanere coi suoi fratelli di sangue e di letto Nina "a scimunita" (la sciocca), che non conosce altro riferimento possibile. Giocoforza i fratelli l'assecondano, son costretti ad attardarsi con lei per renderle accettabile l'attesa dell'uomo che si dice debba giungere, un marito trovatole da loro, uno che Nina non conosce nemmeno.
L'atmosfera di apparente calma va in pezzi, quando la donna mostra agli altri le immagini che ha portato con sé, le foto dei familiari morti che vorrebbe presenti alle sue nozze.
Col suo stupore gioioso da sciocchina, nomina di volta in volta i personaggi, la zia, la madre e il padre, poi s'inceppa dinanzi alla strana foto d'un bambino che è ritratto con vesti femminili. È uno dei fratelli: è la cugina!, tuona il maggiore che è anche il capo del gruppo.
E intorno all'identità di quel bambino si scatena la rabbia dei fratelli.
Attraverso un farneticare serrato, fatto di negazioni insostenibili e di ammissioni strappate con i denti, si scopre un retroscena allucinante, si dipana un vissuto familiare di ripetuti stupri e d'incesti. Ma la promiscuità sessuale non si è estinta con la morte della madre e del padre. È rimasta come collante fra i figli, è diventata la loro stessa storia, la regola della famiglia residua, di quella donna e dei fratelli amanti.
Come in qualsiasi gestione cieca dell'essere, la situazione sfugge a ogni controllo con l'inattesa gravidanza di Nina, che rischia di smascherare quei segreti. Scatta la molla dell'onorabilità, che richiede nozze riparatrici.
Alla fine Nina sarà sola, inchiodata a quel velo maritale che, simile a una corda da impiccato, la sottrarrà a ogni respiro reale.
Il testo di Emma Dante è molto intenso. Va al di là d' un riscontro credibile, per narrarsi con la forza del mito. Poco importa se nella società odierna un aborto avrebbe occultato i problemi, riequilibrando in apparenza le cose. L'inestricabile miscuglio di affetti, di odi e amori, di dipendenze e violenze è il nucleo cieco e potente del dramma. Un mondo in gabbia che vive senza luce, dove l'unico godimento è la carne, una carne macellata da sempre, che gode, freme, sacrifica e uccide senza avere uno scampo da se stessa.
Molto bravi gli attori, diretti efficacemente da Emma Dante.
Manuela Lo Sicco è una Nina toccante, per quell'ingenuità che si accompagna ai suoi amori sinceri e impudichi e che si tinge spesso di paura. Gaetano Bruno, Sabino Civilleri, Enzo Di Michele danno splendida vita ai tre fratelli, organizzati in ordine gerarchico da una legge-del-padre che permane, perché marchiata profondamente in ciascuno.
Agili le scene di Fabrizio Lupo , che alludono al "cunzari" siciliano, alla preparazione del "banchetto". |
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